Partiamo da una via. Partiamo dalla via che quasi tutte noi residenti di Celimontano percorriamo praticamente ogni giorno per raggiungere l’università, o la fermata più vicina della metro, o magari il supermercato all’incrocio. Quante volte lo sguardo si posa su una bandiera straniera, su un presidio di militari, su un accesso sorvegliato? Sembrano isole silenziose e imperscrutabili, stanziate tra un edificio e l’altro ma quasi inconsistenti. Eppure, in qualche modo, ‘pesanti’. Le guardiamo da lontano, queste misteriose ambasciate, quasi fossero luoghi proibiti e temibili, strappi alla realtà. Ma chi le abita? Chi ci lavora?
La sera di giovedì 21 novembre abbiamo avuto il piacere e l’onore di ospitare sui divani del nostro soggiorno un’importante figura del panorama internazionale che ci ha concesso di gettare uno sguardo più consapevole sul mondo apparentemente distante e isolato della diplomazia. Riccardo Guariglia, nato a Chicago il 29 marzo del 1961, ha intrapreso la carriera presso il Ministero degli Affari Esteri nel 1985 ed è stato, fra le varie e più recenti funzioni, Ambasciatore d’Italia in Polonia dal 2011 al 2014 e Capo del Cerimoniale Diplomatico della Repubblica. Ma in cosa consiste, concretamente, il lavoro di questa particolare categoria di funzionario statale? Per quanto possa sembrare assurdo, bastano tre parole per tracciarne un ritratto abbastanza completo:
- curiosità, quella di scoprire e analizzare il nuovo Paese in cui si è messo piede, magari per la prima volta, o magari ritornando dopo tanto tempo in altre vesti, una curiosità senza pregiudizi;
- entusiasmo, motore per iniziare a intessere relazioni di tipo economico e politico e per credere nel valore, oltremodo prezioso, della diversità, sviluppando importanti capacità di adattamento;
- orgoglio, quello di rappresentare il proprio Paese all’estero, di promuoverne e diffonderne la cultura, senza rinunciare al tempo stesso a cogliere le opportunità di miglioramento che possono venire dal confronto con gli altri.
Come ogni realtà soggetta al tempo, anche quella della diplomazia e del suo ruolo all’interno della comunità internazionale deve fare i conti col cambiamento. Tutto evolve, tutto si rinnova. Ma evoluzione, almeno in questo caso, non corrisponde ad una minore importanza. Anche quella del passato è una diversità che può sempre insegnarci qualcosa: per quanto possano essere forti alcune attuali tendenze nazionalistiche, la cooperazione (ancora una volta, nel tempo) ha dimostrato i suoi vantaggi. I risultati ottenuti dall’esercizio costante e impegnato dell’attività diplomatica sono innegabili. Dilagano, è vero, scarsa conoscenza e una certa sfiducia, soprattutto tra i giovani, spesso alimentate dalla potenza (in termini aristotelici) distruttiva dei social media e dalla strumentalizzazione continuamente operata dai diversi movimenti politici. Forse in modo diverso, forse con mezzi nuovi, ma di sicuro della diplomazia c’è ancora bisogno; perché le ambasciate non sono universi blindati, bensì custodi e costruttori tenaci di quanto è innegabilmente implicito nella natura stessa dell’uomo: le relazioni.
Federica M. CORPINA